Baraka (1992)

In "Baraka", un film senza parole ma ricco di significati, veniamo trasportati in un viaggio visivo che abbraccia l'intero globo terrestre, scavalcando i confini della lingua per parlare direttamente all'anima dello spettatore. La macchina da presa diventa l'occhio attento che osserva il mondo, catturando l'essenza del "cosa" piuttosto che il "dove", dischiudendo un affresco vivente che si dipana dall'alba al crepuscolo. La pellicola ci invita a contemplare la maestosità naturale, da cascate che si gettano fragorose fino al respiro incandescente dei vulcani e all'immobile silenzio delle foreste e delle savane. Ci trasporta nell'incanto di Bali, dove centinaia di uomini induisti si uniscono in una danza sacra, il kecak, un rituale ipnotico che emula le scimmie in un crescendo ritmico. Attraverso il suo obiettivo, "Baraka" raccoglie le sfumature della vita umana, da tribù indigene che si adonano di pitture corporee a interi villaggi che si abbandonano alla danza comunitaria. Ma dall'esaltazione della vita, il film si sposta sulle note più oscure dell'esistenza, mostrando la distruzione ambientale causata dall'azione dell'uomo: deforestazioni inarrestabili, demolizioni esplosive e miniere a cielo aperto. La narrazione si intreccia poi con la cruda realtà della povertà, il vorticoso ritmo della vita urbana e l'alienante meccanizzazione delle fabbriche, aprendoci gli occhi sulle spettrali immagini di guerre, campi di concentramento e fosse comuni. Le antiche rovine sorgono dalle tenebre, ponendosi in netto contrasto con il caos contemporaneo. Nel suo atto conclusivo, "Baraka" ci conduce lungo un fiume sacro, teatro di purificazioni spirituali e falò funebri, mentre la preghiera e la natura tornano protagoniste. Il suono profondo di una campana tibetana e il danzare delle stelle nel cielo notturno suggellano il nostro viaggio condiviso su questo pianeta, ricordandoci il ciclo eterno di vita e morte al quale tutti apparteniamo. Un'opera cinematografica che sfida il tempo e lo spazio, "Baraka" è un invito alla riflessione sulla nostra esistenza e sul fragile pianeta che ci ospita.