Un cane andaluso (1929)

In "Un cane andaluso", viaggio ipnotico attraverso paesaggi onirici e visioni stranianti, l'arte di Salvador Dalí e la regia di Luis Buñuel si fondono in un'opera senza tempo, carica di simbolismi e provocazioni visive. La luna versa lacrime di luce mentre uno sguardo femminile viene squarciato da una lametta, trascinando lo spettatore in una dimensione in cui l'impossibile diviene quotidianità. Nel cuore di un appartamento, una giovane donna si ritrova coinvolta in un episodio grottesco con un ciclista caduto, innescando un dramma che si estende per le strade confluendo in un caos ordinato, dove polizia, una seconda donna e un caleidoscopio di passanti diventano attori di una scena di vita imprevedibile. Le vicende si snodano attraverso un duello surreale tra due uomini, dove la morte sembra non avere la consistenza del reale, ma piuttosto aprirsi verso una dimensione alternativa. Nell'appartamento, metamorfosi e mutamenti avvengono sotto gli occhi dello spettatore, con i protagonisti che si trasformano in un gioco di specchi tra volontà e magia degli oggetti. La narrazione si sposta poi in un nuovo luogo, dove la donna e un altro uomo riflettono sugli strani eventi appena vissuti, lasciando la loro storia sospesa in un finale aperto a infinite interpretazioni. Attraverso immagini radicate nel surrealismo, come un cavallo morto trasportato su un pianoforte, la brevità del film - appena 17 minuti - non preclude la sua intensità, presentando qualcosa di radicalmente nuovo nel panorama cinematografico del tempo, una pellicola che si muove agilmente tra il profondo e l'incomprensibile, invitando chi guarda a perdersi nel suo abbraccio enigmatico.