Morte a Venezia (1971)

Sotto il cielo terso di una Venezia d'inizio Novecento, si snoda la malinconica odissea di Gustav von Aschenbach, compositore di fama tormentato da dilemmi esistenziali e da una salute cagionevole. Consigliatogli un riposo assoluto, si rifugia nelle sontuose stanze del Grand Hotel sul Lido, dove l'isolamento e il lusso circostante diventano il palcoscenico dei suoi pensieri più intimi. Il dialogo con l'amico Alfred si tinge di riflessioni sull'arte, sulla vita e sull'inafferrabile bellezza, spesso celata agli occhi del mondo ma costante ossessione del nostro protagonista. La monotonia della convalescenza viene spezzata dall'apparizione di Tadzio, adolescente polacco di rara bellezza, che incarna l'ideale estetico che Gustav ha sempre inseguito. Tra loro si instaura un silenzioso corteggiamento fatto di sguardi carichi di passione, da cui nasce un'ossessione travolgente, un amore che sfida le convenzioni sociali ma che non trova voce nell'opprimente ambiente che li circonda. In questo intrico di emozioni, Gustav si dibatte tra il desiderio di fuggire e l'irresistibile attrazione verso il giovane Tadzio, mentre Venezia, a sua volta, sospira sotto il peso di una minaccia invisibile che serpeggia tra i suoi canali, metafora della corruzione che intacca anche le più pure idealizzazioni. 'Morte a Venezia' è un delicato valzer di desideri e disperazioni, un ritratto struggente di un uomo catturato dalla tela del proprio desiderio, in un amore che trova eco nel silenzio delle parole non dette e nell'ombra di una crisi imminente che potrebbe decidere il loro destino. Un film che si muove tra le note dell'ossessione e le pennellate di un amore inconfessabile, in una Venezia che, come uno specchio, riflette la lotta interiore di un uomo alla ricerca della bellezza assoluta.