Mosul (2019)

Nel buio ventre di Mosul, città irachena martoriata dal fervore e dall'insidia dell'ISIS tra il 2014 e il 2017, sorge una luce tenace: l'unità SWAT della provincia di Nineveh. Questi guerrieri del suolo natìo portano le cicatrici di una lotta tanto personale quanto feroce; ognuno di loro ha perso un familiare o parte di sé stesso per mano del terrore che ha avvolto le loro vite. La trama di "Mosul", diretta da Carnahan, si snoda attorno alla figura di Kawa, interpretato da Adam Bessa, un giovane poliziotto di appena 21 anni che, in una giornata di ordinaria battaglia, si ritrova a sfuggire per un soffio alla morte. Dalle ceneri dello scontro bellico emerge la sua salvezza: gli uomini dell'unità SWAT di Nineveh, guidati dall'imponente Jasem, a cui dà volto Suhail Dabbach. Il dolore di Kawa è fresco, con il ricordo dell'atroce perdita dello zio per mano dell'ISIS a motivare ogni suo passo. Il battesimo di Kawa nell'unità SWAT è di fuoco e sangue. Nel corso della sua prima giornata, assiste al salvataggio straziante di un bambino, alla morte di compagni d'arme e assapora l'amaro sapore della vendetta contro un traditore, per poi trovarsi catapultato in un'imboscata contro una roccaforte dell'ISIS. Carnahan ci fa immergere nell'incandescente cuore della guerra urbana, ma trova il tempo di mostrarci anche la profonda umanità che si cela dietro la maschera di guerriero di questi uomini. "Mosul" è una rara perla cinematografica americana che sposta l'obiettivo sulla prospettiva irachena, rendendo omaggio con forza e compassione a quegli eroi non celebrati, le cui storie si inscrivono indelebili nella storia, dimostrando come lo spirito umano possa resistere anche quando sembra che tutto intorno sia perduto.